Nota professionale sentenza T.A.R. Lombardia (Milano) Sez. IV n. 1637/2025 – L’applicazione dell’Art.31, comma 3 del D.P.R. N. 380/2001: L’acquisizione delle aree al patrimonio comunale

La sez. IV del Tribunale Amministrativo Regionale di Milano si è recentemente pronunciata, con la sentenza n. 1637/2025, sul ricorso promosso da privati – assistiti dallo Studio Legale “Bruno Bianchi &Partners” – per l’annullamento dell’ordinanza con cui l’Amministrazione comunale, a seguito dell’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione delle opere abusive, ha disposto l’acquisizione al patrimonio comunale di un’area ulteriore rispetto a quella strettamente di sedime del manufatto abusivo. La difesa dei ricorrenti ha contestato, in particolare, l’assenza di una specifica motivazione in ordine alla necessità di estendere l’acquisizione al patrimonio comunale di un’ulteriore area rispetto a quella di sedime, così come previsto dall’art. 31, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001, che consente tale estensione solo laddove l’area risulti indispensabile per la realizzazione di “opere analoghe a quelle abusive”.

La pronuncia riveste particolare interesse in quanto affronta in modo puntuale e approfondito i presupposti e i limiti dell’acquisizione coattiva ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001, norma che costituisce il fulcro della disciplina in materia di repressione degli abusi edilizi.  Al fine di inquadrare correttamente la questione giuridica oggetto del giudizio, appare opportuno soffermarsi preliminarmente sul contenuto dell’art. 31, comma 3, del D.P.R. n. 380/01 a mente del quale “Se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L’area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita”.

La deducente difesa ha articolato una puntuale censura evidenziando come la corretta interpretazione di tale norma consente di ritenere che, mentre per l’area di sedime l’automatismo dell’effetto acquisitivo rende superflua ogni indicazione al riguardo (in quanto l’individuazione della stessa può evincersi agevolmente dalla descrizione degli interventi sanzionati), per l’ulteriore superficie occorre la specifica determinazione in ordine all’estensione dell’acquisizione oltre l’area di sedime e fino a dieci volte la superficie occupata dalle opere abusive. La norma in esame – invero – nel prevedere la menzionata acquisizione, comporta un preciso obbligo di motivazione a carico dell’Ente procedente non solo riguardo alla specifica dimensione di tale (aggiuntiva) superficie, ma anche alle ragioni che rendono necessario disporre l’ulteriore acquisto. Invero, come chiarito da autorevole giurisprudenza, l’atto di acquisizione al patrimonio comunale “deve individuare il bene oggetto di acquisizione e la relativa area di sedime, nonché l’eventuale area ulteriore, nei limiti del decuplo della superficie abusiva, la cui ulteriore acquisizione deve essere specificamente motivata con riferimento alle norme urbanistiche vigenti” (Consiglio di Stato, n. 5816/2024).

Le argomentazioni articolate dallo Studio Legale hanno trovato pieno accoglimento da parte dei giudici del T.A.R. di Milano, i quali hanno condiviso che “non può reputarsi la sufficienza della mera estrinsecazione dei criteri di “calcolo tecnico” della superficie necessaria alla realizzazione di opere analoghe; va, di contro, ponderata e motivata nell’an la scelta della Amministrazione di procedere alla acquisizione, indicando altresì la loro estensione, di aree ulteriori, al fine di consentire la realizzazione di opere analoghe a quelle abusive oggetto di stima”; invero, “posto che il legislatore non ha determinato l’ulteriore area acquisibile, limitandosi a prevedere che tale area non possa comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita, la determinazione dell’area – fermo il limite massimo del decuplo del sedime delle opere abusive chiaramente contemplato dall’art. 31, comma 3 – si giustifica per il fatto che risulti funzionale e strumentale rispetto all’acquisto del bene abusivo e della relativa area di sedime; ne consegue che l’Amministrazione è tenuta a specificare, volta per volta, in motivazione: ex ante e nell’an, le ragioni che rendono necessario l’ulteriore acquisto; nonché, ex post e nel “quantum” (inteso come limite dimensionale), con precisione l’ulteriore area di cui viene disposta l’acquisizione, non essendo all’uopo sufficiente la mera indicazione del decuplo dell’area (TAR Lazio, II, 2 novembre 2023, n. 16250)”.

Sulla scorta di quanto sopra, in ossequio alle argomentazioni difensive proposte dallo Studio Legale “Bruno Bianchi &Partners”, il T.A.R. di Milano ha accolto il ricorso e, per l’effetto, ha annullato la gravata ordinanza nella parte in cui estende l’acquisizione al patrimonio comunale alle aree “ulteriori” rispetto a quella di sedime.