Sdemanializzazione tacita ai fini della configurabilità del possesso ad usucapionem: nota alla recente pronuncia del Tribunale di Lecco n. 624/2022.

Il Tribunale di Lecco si è recentemente pronunciato con sentenza n. 624/2022 su un giudizio promosso da una Società – assistita dallo Studio Legale «Bruno Bianchi & Partners» – volto all’accertamento dell’acquisto per usucapione di una porzione di un’area attigua alla proprietà di parte attrice costituita da una valletta, che si presume avesse, in epoca risalente, funzione di scolo delle acque piovane ma che, oltre a non avere più detta funzione, risulta ora completamente interrata.

La questione dibattuta – di particolare rilevanza – è stata l’accertamento dell’avvenuta sdemanializzazione dell’area de qua, quale presupposto imprescindibile ai fini dell’acquisto per usucapione della stessa.

Sul punto, la deducente difesa ha evidenziato che, secondo autorevole giurisprudenza (Cass. 22/04/1992, n. 4811; Cass. 4/03/1993, n. 2635; Cass. 19/02/2007, n. 3742), la sdemanializzazione di un bene, con la conseguente configurabilità di un possesso del privato ad usucapionem, può verificarsi anche tacitamente, in carenza di un formale atto di declassificazione.

Invero, la sdemanializzazione tacita di beni del Demanio idrico, nel regime anteriore a quello introdotto dalla legge n. 37/1994 – modificatrice degli artt. 946 e 947 c.c. che ha escluso dall’ordinamento la sdemanializzazione tacita dei beni del Demanio idrico – discende dal fatto che un bene non sia più adibito anche da lungo tempo ad uso pubblico e deve essere ravvisabile da atti e fatti che evidenzino inequivocabilmente la volontà della P.A. di sottrarre il bene medesimo a detta destinazione, nonché di rinunciare definitivamente al suo ripristino.

Il provvedimento sul passaggio dei beni dal demanio pubblico al patrimonio disponibile a norma dell’art. 829 c.c. ha, infatti, carattere semplicemente dichiarativo, considerando che la dichiarazione della cessazione di demanialità, quando già sussistono le condizioni di fatto di incompatibilità con la volontà di conservare la destinazione ad uso pubblico, si limita in sostanza a dare atto del passaggio dei beni stessi da uno ad un altro regime.

Tale prospettazione è stata condivisa dal giudice adito nella sentenza in esame ove, alla luce delle risultanze della CTU espletata, è stata esclusa la natura demaniale del bene oggetto di causa non avendo mai avuto, se non in tempi assai remoti e, certamente, anteriori all’entrata in vigore della legge n. 37/1994 che, per consolidata giurisprudenza, non ha efficacia retroattiva con conseguente possibilità di applicare la normativa vigente antecedentemente all’entrata in vigore della citata legge.

In ragione di ciò, il Tribunale ha concluso che l’area de qua – o in virtù di un’assai risalente sdemanializzazione tacita o in quanto ab origine bene non demaniale – deve essere considerata bene del patrimonio disponibile dello Stato ex art. 828 c.c. e, in quanto tale, usucapibile secondo il regime ordinario dei beni immobili, a prescindere da qualsiasi atto o fatto di sdemanializzazione da parte dell’Amministrazione.

In definitiva, stabilita la natura non demaniale del bene immobile in esame – ed esclusa la competenza del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche, essendo irrilevante che la zona in cui è sita la valletta venga interessata episodicamente da allagamenti in periodi di forte precipitazioni – il Tribunale, a fronte della documentazione prodotta e delle risultanze dell’istruttoria orale espletata, ha accertato e dichiarato che la Società attrice è proprietaria della suddetta area per intervenuta usucapione ai sensi dell’art. 1158 c.c..

Le argomentazioni difensive svolte dallo Studio Legale «Bruno Bianchi & Partners» hanno trovato pieno accoglimento, riconoscendo, infatti, che detta Società aveva acquistato da parte di altra Società la proprietà di un complesso industriale all’interno del cui fondo era ricompresa la valletta oggetto di causa che è stata utilizzata, prima dalla Società alienante e poi da quella acquirente, in maniera esclusiva ed ininterrotta. Pertanto, unendo il possesso a quello della sua dante causa ai sensi dell’art. 1146, comma 2 c.c., la parte assistita ha esercitato per oltre vent’anni il possesso della porzione di terreno de qua con conseguente acquisto per usucapione della stessa.