Il procedimento urbanistico-edilizio per la realizzazione delle Strutture di Vendita

Per ciò che attiene al procedimento edilizio-urbanistico relativo alle Strutture di Vendita è innanzitutto opportuno richiamare quanto disposto dall’art. 6 del D.lgs. n. 114/1998, il quale demandava alle singole Regioni la regolamentazione dell’insediamento delle attività commerciali affinché gli strumenti urbanistici comunali individuassero:

  1. le aree da destinare agli insediamenti commerciali e, in particolare, quelle nelle quali consentire gli insediamenti di medie e grandi strutture di vendita al dettaglio;
  2. i limiti ai quali sono sottoposti gli insediamenti commerciali in relazione alla tutela dei beni artistici, culturali e ambientali, nonché dell’arredo urbano, ai quali sono sottoposte le imprese commerciali nei centri storici e nelle località di particolare interesse artistico e naturale;
  3. i vincoli di natura urbanistica ed in particolare quelli inerenti alla disponibilità di spazi pubblici o di uso pubblico e le quantità minime di spazi per parcheggi, relativi alle diverse strutture di vendita;
  4. la correlazione dei procedimenti di rilascio della concessione o autorizzazione edilizia inerenti all’immobile o al complesso di immobili e dell’autorizzazione all’apertura di una media o grande struttura di vendita, eventualmente prevedendone la contestualità.

Tenendo principalmente conto delle caratteristiche dei seguenti ambiti territoriali:

  1. le aree metropolitane omogenee, al fine di pervenire a una programmazione integrata tra centro e realtà periferiche;
  2. le aree sovracomunali configurabili come un unico bacino di utenza, per le quali devono essere individuati criteri di sviluppo omogenei;
  3. i centri storici, al fine di salvaguardare e qualificare la presenza delle attività commerciali e artigianali in grado di svolgere un servizio di vicinato, di tutelare gli esercizi aventi valore storico e artistico ed evitare il processo di espulsione delle attività commerciali e artigianali;
  4. i centri di minore consistenza demografica al fine di svilupparne il tessuto economico-sociale anche attraverso il miglioramento delle reti infrastrutturali e in particolare dei collegamenti viari.

In Lombardia le indicazioni di cui sopra sono state inizialmente recepite dagli articoli 5, 6 e 7 del Regolamento Regionale n. 3/2000, ai quali si rimanda per opportuna conoscenza, e successivamente integrate/modificate dalle disposizioni sopravvenute.

Nello specifico, facendo riferimento alla più recente L.R. n. 6/2010, si evidenzia quanto segue.

Art. 4-bis Programmazione comunale

  1. Al fine di migliorare la funzionalità e la produttività del sistema dei servizi concernenti le attività
    commerciali, nonché consentire uno sviluppo sostenibile, i comuni, valutate le caratteristiche della distribuzione commerciale ed in coerenza con gli indirizzi regionali di cui all’articolo 4, adottano, sentite le associazioni dei consumatori e le organizzazioni imprenditoriali del commercio maggiormente rappresentative a livello provinciale e le organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti, un atto di programmazione, avente durata quadriennale, che disciplina le modalità di applicazione, con riguardo alle zone da sottoporre a tutela, dei criteri qualitativi individuati dalla programmazione regionale in riferimento all’insediamento delle nuove attività commerciali, ivi comprese quelle che somministrano alimenti e bevande e che sono autorizzate all’installazione di apparecchi per il gioco lecito o che sono destinate a sala da gioco, nonché quelle che vendono direttamente, in locali adiacenti a quelli di produzione, gli alimenti di propria produzione per il consumo immediato di cui alla Legge Regionale 30 aprile 2009, n. 8 (Disciplina della vendita da parte delle imprese artigiane di prodotti alimentari di propria produzione per il consumo immediato nei locali dell’azienda), tenendo conto delle diverse caratteristiche del proprio territorio e della differente incidenza degli esercizi secondo il settore e la tipologia di appartenenza, nonché le prescrizioni cui devono uniformarsi gli esercizi autorizzati all’installazione di apparecchi per il gioco d’azzardo lecito e i locali destinati a sala da gioco o all’installazione di apparecchi per il gioco d’azzardo lecito. Tali criteri comunali si basano sui motivi imperativi di interesse generale di cui all’articolo 4, comma 1, connessi a ragioni non altrimenti risolvibili di sostenibilità ambientale, sociale e di viabilità che rendano impossibile consentire ulteriori flussi di pubblico nella zona senza incidere in modo gravemente negativo sui meccanismi di controllo, in particolare, per il consumo di alcolici e per il contrasto al degrado urbano, e senza ledere il diritto dei residenti alla vivibilità del territorio e alla normale mobilità e tenendo conto delle caratteristiche urbanistiche e di destinazione d’uso dei locali, dei fattori di mobilità, traffico, inquinamento acustico e ambientale, aree verdi, parcheggi, delle caratteristiche qualitative degli insediamenti, dell’armonica integrazione con le altre attività economiche e con le aree residenziali interessate e del corretto utilizzo degli spazi pubblici o di uso pubblico.
  2. I comuni, in coerenza con i criteri adottati dalla Giunta regionale e in relazione alla previsione di nuovi insediamenti commerciali, individuano nel piano di governo del territorio:
    1. le aree da ritenersi sature rispetto alla possibilità di localizzarvi nuovi insediamenti in considerazione delle condizioni di sostenibilità ambientale, infrastrutturale, logistica e di mobilità relative a specifici ambiti territoriali;
    2. le aree di localizzazione delle medie e grandi strutture di vendita, ivi compresi i centri commerciali;
    3. le prescrizioni cui devono uniformarsi gli insediamenti commerciali in relazione alla tutela dei beni artistici, culturali ed ambientali, nonché all’arredo urbano, nei centri storici e nelle località di particolare interesse artistico e naturale;
    4. le misure per una corretta integrazione tra strutture commerciali e servizi ed attrezzature pubbliche;
    5. le prescrizioni e gli indirizzi di natura urbanistica ed in particolare quelle inerenti alla disponibilità di spazi pubblici o di uso pubblico e le quantità minime di spazi per parcheggi, relativi alle diverse strutture di vendita.
  3. Le determinazioni dei comuni di cui ai commi 1 e 2 possono essere differenziate in relazione a singole parti del territorio comunale o zone ed alla tipologia degli esercizi commerciali. In particolare la strumentazione urbanistica può disporre limitazioni all’insediamento di attività commerciali in base a specifiche classificazioni, anche dimensionali, che i comuni individuano in relazione alle medie e grandi strutture di vendita.
  4. In coerenza con l’atto di programmazione di cui al comma 1, i comuni, previa valutazione delle problematiche della distribuzione commerciale nei centri storici e delle interrelazioni esistenti con le altre componenti territoriali, economiche e sociali, con apposito atto, promuovono:
    1. la crescita, il ricambio e la diversificazione delle attività, in raccordo con gli strumenti urbanistici comunali;
    2. la permanenza degli esercizi storici e tradizionali, ivi compresi quelli artigianali, con particolare attenzione alle merceologie scarsamente presenti, anche mediante incentivi ed apposite misure di tutela ai sensi di quanto previsto dal Titolo V, Capo II bis;
    3. l’individuazione di porzioni di territorio ubicate in aree limitrofe funzionalmente collegate con il centro storico;
    4. la valorizzazione e la salvaguardia delle aree o degli edifici aventi valore storico, archeologico, artistico e ambientale attraverso anche l’individuazione in base all’articolo 145 di particolari condizioni per l’esercizio del commercio.
  5. I comuni, per le finalità di cui al comma 4, possono:
    1. differenziare le attività commerciali con riferimento a specifiche classificazioni di carattere dimensionale, merceologico e qualitativo per contribuire ad un ampliamento di opportunità di insediamento nel centro storico;
    2. disporre il divieto di vendita di determinate merceologie, qualora questa costituisca un contrasto con la tutela di valori artistici, storici o ambientali;
    3. limitare nei centri storici e zone limitrofe l’insediamento di attività che non siano tradizionali o qualitativamente rapportabili ai caratteri storici, architettonici e urbanistici dei centri medesimi;
    4. adottare, nell’ambito della programmazione comunale, un piano di tutela delle attività tradizionali per il centro storico, eventualmente suddiviso a sua volta in tessuti territoriali e zone omogenee, che consente, in caso di cessazione delle attività tutelate nelle zone localizzate, la sola attivazione, per un arco temporale fino a cinque anni, di una o più delle medesime attività appartenenti allo stesso settore alimentare o non alimentare.
  6. Le disposizioni di cui al comma 5 possono essere applicate dai comuni, per le finalità di cui al comma 4, anche in relazione a zone del territorio differenti dal centro storico a fronte di motivate ragioni di utilità sociale derivanti dall’esigenza di garantire la riqualificazione e valorizzazione del tessuto urbano attraverso uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche, nonché la permanenza di una offerta variegata di beni e servizi.

Art. 150 Programmazione urbanistica riferita al settore commerciale dei Comuni e delle Province

  1. I comuni definiscono i contenuti attinenti agli insediamenti commerciali nei propri piani urbanistici e negli strumenti di programmazione commerciale tenuto conto delle finalità di cui al titolo II, capo I, sezione I e capi II e III del presente testo unico, della L.R. n. 8/2009 e delle indicazioni stabilite nel programma pluriennale ed indirizzi di cui all’art. 4 e nei criteri di programmazione urbanistica del settore commerciale di cui all’art. 149. In particolare i comuni possono individuare:
    1. i criteri qualitativi per l’insediamento delle nuove attività commerciali, comprese quelle che somministrano alimenti e bevande, e delle attività di vendita delle imprese artigiane di prodotti alimentari di propria produzione per il consumo immediato nei locali dell’azienda, tenendo conto delle diverse caratteristiche del proprio territorio e della differente incidenza degli esercizi secondo il settore merceologico di appartenenza;
    2. le zone da sottoporre a tutela, tenendo conto delle caratteristiche urbanistiche e di destinazione d’uso dei locali, della presenza di unità locali sedi di attività storiche e di tradizione riconosciute ai sensi dell’articolo 148-ter, dei fattori di mobilità, traffico, inquinamento acustico e ambientale, aree verdi, parcheggi, nonché delle caratteristiche qualitative degli insediamenti, dell’armonica integrazione con le altre attività economiche, con le aree residenziali interessate e del corretto utilizzo degli spazi pubblici o di uso pubblico;
      1. criteri per l’insediamento di locali destinati a sala da gioco o all’installazione di apparecchi per il gioco d’azzardo lecito, tenuto conto della presenza di istituti scolastici di ogni ordine e grado, luoghi di culto, impianti sportivi, strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o sociosanitario, strutture ricettive per categorie protette, luoghi di aggregazione giovanile o altri luoghi di aggregazione.
  2. I piani territoriali di coordinamento delle province dettano disposizioni in materia di grandi strutture di vendita tenuto conto degli obiettivi indicati dal programma pluriennale regionale. In assenza dei piani territoriali di coordinamento, le varianti di adeguamento dei piani urbanistici comunali concernenti le grandi strutture di vendita sono trasmesse, dopo l’adozione e contestualmente al deposito, alle province che formulano osservazioni nei termini previsti dalla vigente normativa.
  3. Al fine di integrare la pianificazione territoriale ed urbanistica generale con la programmazione commerciale, i comuni favoriscono:
    1. una integrazione armonica degli insediamenti commerciali con il tessuto urbano esistente e previsto, nel rispetto dei valori architettonici ed ambientali e del contesto sociale;
    2. un adeguato livello di rinnovamento, di riqualificazione e di integrazione funzionale di tutte le attività commerciali presenti sul territorio;
    3. una integrazione delle attività commerciali con le altre attività lavorative al fine di garantire la presenza continuativa delle attività umane, attraverso la creazione di zone miste con la presenza di funzioni produttive, funzioni di servizio, funzioni commerciali, funzioni direzionali, funzioni ricettive e di spettacolo; tali zone sono prioritariamente individuate nelle aree dismesse e degradate, se presenti;
    4. un equilibrato rapporto tra la rete viaria e gli insediamenti commerciali in modo da evitare fenomeni negativi sulla rete viaria esistente;
    5. la creazione di uno o più centri commerciali nei centri storici agevolando l’insediamento di esercizi di vicinato già presenti nel comune.
  4. Comma abrogato dall’art. 27, comma 1, lett. b) della L.R. 27 febbraio 2012, n. 3.
  5. In adeguamento ai criteri urbanistici di cui all’articolo 149, comma 2, gli strumenti urbanistici comunali e relative varianti, devono prevedere che le aree destinate a grandi strutture di vendita siano dotate di attrezzature pubbliche o di uso pubblico almeno nella misura del 200 per cento della superficie lorda di pavimento degli edifici previsti, di cui almeno la metà deve essere destinata a parcheggi di uso pubblico.

Tanto debitamente premesso sui criteri che disciplinano le scelte pianificatorie degli Enti, si evidenzia ora che per la realizzazione e l’insediamento di strutture di vendita già indicate negli strumenti urbanistici si dovranno semplicemente rispettare le previsioni di Piano (e la normativa sovraordinata di riferimento) fermo restando, come ovvio, il procedimento autorizzatorio commerciale, imprescindibile ai fini del rilascio dei connessi titoli abilitativi.

Qualora gli insediamenti debbano invece essere realizzati in variante agli strumenti urbanistici, il procedimento urbanistico-edilizio risulta ovviamente più complicato.

Partendo dall’ipotesi di una Media Struttura di Vendita (singola o in forma unitaria) da realizzarsi in variante al P.G.T., quest’ultima dovrà seguire la procedura di cui all’art. 14 della L.R. n. 12/2005 e contemplare necessariamente, oltre al prodromico procedimento di natura commerciale, l’esperimento della verifica di assoggettabilità a VAS nonché, ove la peculiarità della fattispecie li richiedano, gli ulteriori adempimenti e/o valutazioni previsti dalla normativa di riferimento.

Maggiormente complesso risulta infine l’iter amministrativo per la realizzazione di una Grande Struttura di Vendita (singola o in forma unitaria) in variante poiché, data la rilevanza sovracomunale dell’intervento, così come avviene per il rilascio dell’autorizzazione commerciale, anche in questo caso è imprescindibile il coinvolgimento della Regione e della Provincia.

Nello specifico, come ben noto, l’autorizzazione commerciale richiede necessariamente la conformità urbanistica dell’intervento e, per questo motivo, la variante deve essere valutata nell’ambito della stessa conferenza di servizi ricorrendo all’istituto dell’Accordo di Programma ex art. 34 del D.lgs. n. 267/2000.

Dunque, previo esperimento della VAS, della verifica di assoggettabilità a VIA e di ogni ulteriore adempimento e/o valutazione dovuto alla peculiarità delle singole fattispecie, gli Enti interessati provvedono alla stipulazione dell’accordo il quale consiste “nel consenso unanime del presidente della regione, del presidente della provincia, dei sindaci e delle altre amministrazioni interessate, è approvato con atto formale del presidente della regione o del presidente della provincia o del sindaco ed è pubblicato nel bollettino ufficiale della regione. L’accordo, qualora adottato con decreto del presidente della regione, produce gli effetti della intesa di cui all’articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, determinando le eventuali e conseguenti variazioni degli strumenti urbanistici e sostituendo le concessioni edilizie, sempre che vi sia l’assenso del comune interessato”.

Al fine di procedere all’effettiva variazione del P.G.T., necessaria a garantire la conformità urbanistica dell’intervento, l’adesione del sindaco all’accordo di programma richiede infine, entro 30 giorni, la ratifica da parte del Consiglio comunale a pena di decadenza.

Integrata la conformità urbanistica dell’intervento ed ottenuta l’autorizzazione commerciale, il procedimento urbanistico-edilizio conseguente segue ovviamente la disciplina contenuta nelle previsioni di Piano oggetto di variante (e la sovraordinata normativa di riferimento).