Sospensione dalla carica di Sindaco

Rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della disciplina di cui all’art. 11, comma 1, lett. a), D. Lgs. 31 dicembre 2012, n. 235, c.d. Legge “Severino”

Commento a Ordinanza Tar Campania, Napoli, 30 ottobre 2014, n. 1801

Con il provvedimento in esame il Collegio campano, dopo avere accolto la domanda cautelare proposta dal ricorrente contro il Prefetto di Napoli di accertamento costitutivo della sussistenza della causa di sospensione del ricorrente dalla carica di Sindaco, giudica rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della disciplina di cui all’art. 11, comma 1, lett. a), D. Lgs. 31 dicembre 2012, n. 235 (in vigore dal 5 gennaio 2013), in relazione all’art. 10, comma 1, lett. c) del medesimo D. Lgs., per contrasto con gli artt. 2, 4 comma 2, 51 comma 1 e 97 comma 2 della Costituzione Repubblicana, laddove applicata retroattivamente, cioè, secondo quanto argomenta il Collegio, ad illeciti penali anteriori alla candidatura del prevenuto e alla stessa entrata in vigore del D. Lgs. n. 235/2012 nonché accertati con sentenza non ancora passata in cosa giudicata, anch’essa anteriore alla candidatura e all’entrata in vigore del D. Lgs. in parola.

I giudici amministrativi affrontano le numerose censure proposte, riguardanti la sospensione dalle cariche elettive di cui all’articolo 11 del D. Lgs n. 235/12, applicato nel caso in esame, ai danni del Sindaco della città di Napoli, il quale ha posto in discussione la legittimità del provvedimento prefettizio di sospensione sotto molteplici profili di incostituzionalità.
Il Collegio, passando in rassegna i quattro motivi di dubbia legittimità costituzionale dell’articolo 11, comma 5, del D. Lgs n. 235/2012, ne accoglie unicamente uno, con la conseguente decisione di accoglimento cautelare del provvedimento impugnato e rimessione degli atti alla Corte Costituzionale.

Più nel dettaglio, il Giudice territoriale accoglie, rilevandone la non manifesta infondatezza, le doglianze riguardo ai profili temporali di applicazione della norma di cui all’articolo 11 del D.lgs. n. 235/2012.

Il ricorrente lamenta, infatti, l’applicazione retroattiva della disposizione appena richiamata, in conflitto con le previsioni di cui all’articolo 11 delle Preleggi e dell’articolo 25, comma 2, della Costituzione che negano, entrambe, la possibilità che una norma di legge retroagisca, a maggior ragione quelle aventi natura punitiva, quindi quelle penali, come quella in esame.

Recita, infatti, il predetto art. 11 che “la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo” e trova copertura attraverso il rafforzamento del divieto di retroattività, posto anche dall’art. 25, comma 2, della Carta Costituzionale.

La violazione del predetto principio garantistico, recita l’ordinanza in commento, “riposerebbe sulla circostanza per cui una lettura costituzionalmente orientata del dato normativo esigerebbe che di epoca successiva all’entrata in vigore del D. Lgs 235/2012 dovrebbe essere non solo la sentenza (…) ma anche il fatto storico qualificato come delitto che ne costituisce la res judicanda”.
Ad avviso del ricorrente, in sostanza, la violazione del principio di irretroattività si sarebbe verificata sia con riferimento alla sua qualità di soggetto candidato, sia come incidente sulla sua attuale carica di Sindaco, la cui sospensione dalle funzioni sarebbe da qualificarsi come incandidabilità sopravvenuta.

Secondo il Collegio rimettente i dubbi di legittimità costituzionale dell’art. 11 citato sulla violazione del divieto di retroattività in presenza di una sentenza non passata in cosa giudicata che determini la sospensione dalla carica, si fondano su due presupposti.
Da un lato vi è la natura sanzionatorio-afflittiva dell’istituto della sospensione, in secondo luogo il fatto che l’efficacia retroattiva della predetta sospensione viene applicata in presenza di una condanna penale non definitiva.

E’ certo, enuncia il Collegio, “che la sospensione di un amministratore da una carica per un fatto storicamente anteriore rispetto alla sua elezione, così come anteriore ne è il provvedimento giudiziario che a questo dà a tal fine rilevanza, costituisce, oggettivamente, applicazione retroattiva della norma” e ciò urta con uno dei principi su cui si fonda l’efficacia della legge nel tempo, la cui violazione è anche violazione del diritto che la Costituzione stessa espressamente è chiamata a disciplinare e proteggere.