Risoluzione contratto preliminare di compravendita

La risoluzione di un contratto preliminare di compravendita immobiliare

Nota a Tribunale di Como, sentenza n° 599, depositata presso la cancelleria in data 27 marzo 2014.

La vicenda processuale in commento, nasce dalla domanda di accertamento di risoluzione di un contratto preliminare di compravendita immobiliare per diffida ad adempiere ex art. 1454 c.c., promossa da un assistito dello studio legale nei confronti dei promissari venditori, con contestuale condanna alla restituzione del doppio della caparra confirmatoria versata ex art. 1385 c.c..

Parte convenuta d’altro canto chiedeva la condanna dell’attore, all’acquisto dell’immobile ex art. 2932 c.c., al pagamento del saldo del prezzo di vendita e dell’ipoteca (sostenendo che parte attrice si sarebbe assunta l’onere di cancellare l’ipoteca in esame), nonché la condanna alla corresponsione di un’indennità a titolo di occupazione del bene.

Nello specifico l’immobile di causa era gravato da ipoteca e pertanto, in sede di stipulazione del contratto preliminare, le parti convenivano che il bene de quo sarebbe dovuto essere libero da iscrizioni ipotecarie e trascrizioni pregiudizievoli prima di addivenire alla formulazione del contratto definitivo.

Tuttavia, perdurando l’inadempimento di parte convenuta, l’odierno attore diffidava quest’ultima ad adempiere ai propri oneri concedendo un congruo termine per tali incombenze, pena la risoluzione di diritto del contratto ex art.1454 c.c.
Il Giudice, in accoglimento delle argomentazioni della scrivente difesa, ha dichiarato risolto il contratto ex art. 1454 c.c., e condannato i convenuti alla corresponsione del doppio della caparra confirmatoria, oltre interessi legali dalla domanda al saldo.
Da istruttoria risulta chiaramente l’inadempimento dei convenuti all’obbligo di trasferire l’immobile oggetto di causa libero da vincoli.
Sull’immobile infatti è iscritta ipoteca, così come confermato dalle testimonianze escusse in sede di istruttoria, né risulta in alcun modo provata la presunta assunzione di siffatto onere in capo all’attore.

In tema di diffida ad adempiere l’unico onere che grava sull’intimante è quello di fissare un congruo termine entro il quale l’altra parte dovrà adempiere alla propria prestazione pena la risoluzione ope legis del contratto. Secondo Giurisprudenza costante, la ratio della norma, è quella di fissare con chiarezza la posizione delle parti nell’esecuzione del contratto, mettendo sull’avviso la parte diffidata che l’intimante non è disposto a tollerare un ulteriore ritardo della prestazione dovutale (Cass. 4535/1987 e 8910/1998).

La diffida ad adempiere in tema di contratti a prestazioni corrispettive mira a realizzare, pur in mancanza di una clausola risolutiva espressa, gli effetti che a questa clausola si ricollegano e cioè la risoluzione di diritto del contratto alla scadenza del termine essenziale (Cass. 23207/2010 e 13000/2010).

La Corte di Cassazione inoltre ha chiarito che in si fatte circostanze “il giudice è tenuto comunque a valutare la sussistenza degli estremi, soggettivi e oggettivi, dell’inadempimento; in particolare, dovrà verificare sotto il profilo oggettivo che l’inadempimento sia non di scarsa importanza, alla stregua del criterio indicato dall’art. 1455 c.c., e, sotto il profilo soggettivo, l’operatività della presunzione di responsabilità del debitore inadempiente fissata dall’art. 1218 c.c., la quale, pur dettata in riferimento alla responsabilità per il risarcimento del danno, rappresenta un principio di carattere generale” (Cass. 5407/2006; Cass. 9314/2007; Cass.2979/1991).

Nella vicenda in esami il Tribunale adito, a fronte della diffida ad adempiere e considerando senz’altro grave l’inadempimento, ha ritenuto risolto il contratto e, di conseguenza, così come previsto dalla costante Giurisprudenza (Cass. 2999/2012 e Cass. 21838/2010), ha condannato i convenuti alla corresponsione del doppio della caparra confirmatoria.
Il Giudice ha altresì respinto la domanda riconvenzionale diretta ad ottenere la corresponsione di una somma a titolo di corrispettivo per la detenzione dell’immobile.

Parte attrice ha dato prova che i convenuti in occasione della sottoscrizione della scrittura privata consegnavano al promissario acquirente le chiavi dell’immobile autorizzandolo anche ad effettuare lavori di ordinaria e straordinaria manutenzione ed ha ravvisato in tale godimento del bene a titolo gratuito, gli estremi del comodato risultando l’attore un mero detentore qualificato della res.

Il Giudice infatti ha ritenuto che: “immettendo l’attore nel possesso del bene, i convenuti si erano in ogni caso spogliati della disponibilità dell’immobile rinunciando comunque a trarne profitto e non potendo quindi successivamente pretendere un’indennità di occupazione”.