Sottrazione di capacità edificatoria a lotto intercluso

La sottrazione di capacità edificatoria ad un lotto intercluso tra fondi edificati comporta un onere motivazionale aggravato a carico della P.A.

Commento a Tar Milano, 18 febbraio 2014, n. 492

Nel caso posto all’esame del Collegio, i ricorrenti, proprietari di un’area insistente nel tessuto urbano consolidato e quasi completamente contornata da costruzioni a cortina, chiedevano l’accertamento dell’illegittimità della deliberazione di approvazione del Piano di Governo del territorio, nella parte in cui ha previsto che il fondo in questione a destinazione residenziale, sia diretta ad accogliere un parcheggio ed una pista ciclopedonale, sottraendo in tal modo la capacità edificatoria previamente conferitale.

Sottolineano i ricorrenti che sull’area in questione era prevista l’edificazione di due fabbricati in aderenza, uno dei quali è già stato realizzato e ceduto a terzi, e sul quale risulta evidente una parete cieca con ferri sporgenti tale da consentire il futuro appoggio in adesione del secondo edificio.

La decisione dell’Amministrazione di destinare il lotto inedificato a parcheggio e pista ciclopedonale sarebbe, censurano i ricorrenti, del tutto illogica in quanto in grado di impedire la definitiva realizzazione dell’originario progetto.

L’Amministrazione resistente difende il proprio operato sostenendo che il nuovo fabbricato violerebbe le norme sulle distanze fra costruzioni e che, in secondo luogo, sussisterebbero ragioni di opportunità a causa della densità edificatoria dell’area in questione.
I giudici amministrativi ricordano preliminarmente il costante orientamento della giurisprudenza in base alla quale le scelte urbanistiche effettuate dal comune in sede di pianificazione costituiscono espressione dell’ampio potere discrezionale di cui gode lo stesso; le scelte operate in sede di pianificazione sono sottratte al sindacato di legittimità del giudice amministrativo nel giudizio impugnatorio, a meno che non risultino inficiate da errori di fatto o siano palesemente irragionevoli.

L’estensione della discrezionalità in materia di pianificazione urbanistica si traduce nell’insussistenza dell’obbligo di motivazione specifica sulle scelte adottate in ordine alla destinazione delle singole aree, in quanto le stesse trovano giustificazione nei criteri generali di impostazione del piano territoriale.

La regola generale dell’ampia discrezionalità amministrativa nelle scelte di pianificazione urbanistica subisce un’eccezione in alcune situazioni specifiche in cui il principio della tutela dell’affidamento impone che nel piano urbanistico venga dato conto del modo in cui è stata effettuata la ponderazione degli interessi pubblici e sono state operate le scelte di pianificazione.
Meritevoli di questa particolare forma di tutela sono quelle situazioni caratterizzate da un affidamento “qualificato” sussistente in capo al proprietario dell’area interessata e comportano un onere motivazionale aggravato in capo alla P.A. consistente nella necessità di fornire particolari spiegazioni sulle ragioni delle diverse scelte operate, dovendosi dare prevalente rilievo all’interesse pubblico che le nuove scelte pianificatorie intendono perseguire.

Nella fattispecie in esame, rileva il Collegio, trattandosi di “un limitato lotto intercluso da fondi completamente edificati in maniera non abusiva” al quale viene imposta una sottrazione di capacità edificatoria, sussistono le condizioni che impongono all’Amministrazione l’esplicazione, in modo puntuale, delle ragioni che giustificano la specifica scelta operata in danno dei ricorrenti.

Il Comune, inoltre avrebbe dovuto tenere conto sia della peculiarità dell’intero originario progetto edilizio (due fabbricati complementari costruiti in aderenza ed edificati in tempi diversi) e della sussistenza, nella zona in cui insiste il lotto, di una cortina edilizia interrotta solamente in corrispondenza del lotto stesso.

L’operato dell’Amministrazione è censurabile sotto il profilo del difetto motivazionale, laddove non ha puntualmente esplicitato le ragioni per cui una situazione precedentemente considerata “causa di degrado” sia oggi da considerarsi prevalente rispetto all’interesse pubblico a preservare il decoro urbano ed alla conservazione della vocazione edificatoria del privato.
Degna di nota è altresì la motivazione con cui il giudice amministrativo respinge anche la seconda eccezione dell’Amministrazione intimata, la quale ritiene legittima la preclusione all’edificazione del secondo lotto, in ragione dell’asserita violazione delle norme sulle distanze dalle pareti finestrate di cui all’art. 9 del D.M. 1444/1968.

Anche tale profilo è ritenuto illegittimo per inadeguatezza motivazionale in quanto, osserva il Collegio, “un progetto di massima che dimostra la teorica possibilità di edificazione sul lotto con rispetto delle norme sulle distanze” non è stato confutato da parte resistente e che non possa pertanto “aprioristicamente escludersi la possibilità di edificazione” la quale deve essere valutata al momento della presentazione dell’istanza per il rilascio del titolo abilitativo ed in relazione al concreto progetto presentato.
Per le ragioni suesposte il ricorso è stato accolto ed è stato conseguentemente annullato il Piano di Governo del Territorio nella parte in cui modifica la precedente destinazione dell’area dei ricorrenti.