Bellezze naturali: distinte forme di tutela ambientale

I beni costituenti bellezze naturali possono formare oggetto di distinte forme di tutela ambientale, anche in via cumulativa ed a seconda del profilo considerato

Commento a Consiglio di Stato, 18 novembre 2013, n. 5452

Si pronuncia il Supremo Consesso amministrativo, nell’accogliere l’impugnazione dell’appellante, sulla definizione di “bosco” la quale, secondo l’art. 2 del D. Lgs. 227/2001, è equiparata a quella di “foresta” e “selva” e necessita di requisiti di tipo qualitativo (es. terreni coperti da vegetazione forestale arborea associata o meno a quella arbustiva di origina naturale o artificiale) ed a carattere dimensionale (es. estensione non inferiore a 2.000 mq. e larghezza media non inferiore a 20 mt. e copertura non inferiore al 20% della superficie).

In effetti, chiarisce il Collegio accogliendo il primo motivo di impugnazione, “la definizione alla quale deve rifarsi l’interprete prevede quale requisito necessario, ma non sufficiente, il dato dimensionale” e, in mancanza di una normativa regionale, il dato normativo prevede “anche una componente naturalistica qualitativa costituita da: vegetazione forestale, castagneti, sugherete, macchia mediterranea”.

La perizia di parte ha dimostrato la totale assenza di formazioni vegetazionali riconducibili alla nozione di bosco e pertanto deve ritenersi illegittima la destinazione impressa di “Area Boscata”, nonché le conseguenti previsioni di minore edificabilità, prevista nel Piano Regolatore Generale impugnato con il ricorso di prime cure.

Con un secondo motivo di appello vene censurata la legittimità della previsione di imporre vincoli di non edificabilità per finalità paesaggistiche, in assenza di previsioni in tal senso da parte della pianificazione sovraordinata regionale.

L’appellante contesta la sussistenza in capo all’ente comunale di una competenza diretta ad affermare in concreto la mancanza dei presupposti fattuali per l’imposizione di vincoli di inedificabilità assoluta per l’area de quo.

Si sostiene che in assenza di prescrizioni in ordine all’inedificabilità delle arre in questione nel Piano Regionale, tali previsioni non possano essere introdotte dal pianificatore comunale; limitazioni totali o parziali all’edificabilità per motivi di tutela ambientale e paesistica, secondo la prospettazione di parte appellante, possono essere giustificate solo a seguito di un precedente riconoscimento del pregio di zona da parte delle autorità a ciò deputate.

Di contrario avviso è il Collegio il quale, nel respingere il secondo motivo di appello, precisa che “i beni costituenti bellezze naturali possono formare oggetto di distinte forme di tutela ambientale, anche in via cumulativa, a seconda del profilo considerato” con la conseguenza che “la tutela paesaggistica è perfettamente compatibile con quella urbanistica o ecologica, trattandosi di forme complementari di protezione, preordinate a curare, con diversi strumenti, distinti interesse pubblici”.

Il Comune, pertanto, è titolato, nell’esercizio della funzione di pianificazione generale, all’introduzione di vincoli o prescrizioni preordinati al soddisfacimento di interessi paesaggistici.