Atti da impugnare nei termini decadenziali

Non è consentito superare le prescrizioni della disciplina urbanistica ed edilizia facendo leva sull’effettiva e concreta situazione di fatto dell’area; gli atti contestati vanno impugnati nei termini decadenziali

Commento a Consiglio di Stato, Sezione Quinta, 09 settembre 2013, n. 4472

Veniva impugnata avanti il Consiglio di Stato una pronuncia resa dal Tribunale Amministrativo regionale di Milano con la quale veniva respinto il ricorso proposto per l’annullamento del provvedimento comunale di diniego di concessione edilizia in quanto l’intervento, consistente nella costruzione di due capannoni artigianali, ricadeva in zona urbanistica E1 agricola, area per la quale le stesse N.T.A. escludevano le destinazioni produttive, direzionali e commerciali.

Con l’appello veniva dedotto che il tribunale di prime cure aveva disatteso gran parte delle questioni poste con il ricorso in primo grado, con particolare riguardo all’asserito omesso esame, da parte del comune, della situazione di fatto del terreno, il quale risulta inserito in un contesto ormai edificato ed urbanizzato e, pertanto, da considerarsi area di completamento.

Il provvedimento di diniego di concessione edilizia sarebbe viziato, argomenta l’appellante, non solo da eccesso di potere, bensì anche da violazione di legge, in quanto non esiste nella disciplina positiva un divieto generale di edificazione in area qualificata a verde agricolo; l’area in questione, inoltre, non potrebbe essere destinata a verde agricolo in quanto ciò sarebbe illogico per la sua limitata estensione.

Il primo motivo di appello, inerente l’omessa valutazione della situazione di fatto da parte dell’ente locale, non è condivisa dal collegio il quale ricorda che è proprio la disciplina applicabile ratione temporis a prevedere che la concessione edilizia va rilasciata “in conformità alle previsioni degli strumenti urbanistici e regolamenti edilizi”; il piano regolatore è, infatti, destinato a spiegare i propri “effetti ordinatori e conformativi e le N.T.A., recanti prescrizioni a carattere normativo e programmatico, sono destinate a regolare la futura attività edificatoria”.

Per contestare le prescrizioni contenute nelle disposizioni che regolano la materia dell’urbanistica e dell’edilizia si impone un onere di impugnazione, nel termine decadenziale; le prescrizioni vincolanti ed imperative in materia di governo del territorio sono tali per consentire che il rilascio del titolo edificatorio sia fondato sul rispetto della disciplina vigente.

Non è quindi consentito, osservano i Giudici di Palazzo Spada, “superare tali prescrizioni facendo leva sulla effettiva e concreta situazione di sufficiente urbanizzazione della zona stessa” in quanto le stesse sono “espressione dell’ampia discrezionalità del pianificatore in ordine all’utilizzazione delle singole parti del territorio e possono essere successivamente modificate solo in base ad una diversa valutazione degli stessi interessi in gioco” e non può pertanto ammettersi una disapplicazione delle previsioni di piano e delle N.T.A. in base ad una asserita e sopravvenuta inapplicabilità delle stesse rispetto alla concreta situazione di fatto. Con riferimento al secondo motivo di gravame, relativo all’affermazione che il titolo sia stato negato per una mera affermazione di principio in base alla quale nelle zone a verde agricolo sia impossibile qualsiasi tipo di urbanizzazione, osserva la Sezione che “la destinazione a verde agricolo (…) non implica necessariamente che l’area soddisfi in modo diretto ed immediato gli interessi agricoli, potendo giustificarsi con le esigenze dell’ordinato governo del territorio, quale necessità di impedire un’ulteriore edificazione, mantenendo un equilibrato rapporto tra aree libere ed edificate o industriali”: anche per tale ragione il Tar ha correttamente respinto il ricorso.