Opere realizzate nel sottosuolo e beni paesaggistici

ANCHE LE OPERE REALIZZATE NEL SOTTOSUOLO DEVONO RISPETTARE LE NORME POSTE A TUTELA DEI BENI PAESAGGISTICI.

Nota a Consiglio di Stato n° 4079 depositata in data 05/08/2013

Il Consiglio di Stato con la pronuncia in commento esamina la questione giuridica concernente la qualificazione ed il riconoscimento dei beni che devono essere protetti e conservati secondo le disposizioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio.

Nel caso specifico si trattava di stabilire se la realizzazione di opere edilizie nel sottosuolo di un’area sottoposta a vincolo ambientale – paesaggistico fosse soggetta o meno alle medesime previsioni relative alle aree vincolate.

I Giudici hanno ritenuto che dal dettato normativo (D. Lgs. 42/2004), non fosse possibile individuare nella definizione di paesaggio alcuna distinzione tra suolo e sottosuolo, né tanto meno fosse possibile un distinguo tra opere visibili e non, ai fini della configurabilità di un bene paesaggistico e dell’applicabilità della specifica tutela predisposta per le aree sottoposte a vincolo ambientale.

La caratteristica che contraddistingue il bene paesaggistico come meglio individuato dall’art. 134 e ss. del D.Lgs. 42/2004, non sarebbe pertanto la sua visibilità, ma la sua idoneità ad esprimere i valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio.

Secondo la giurisprudenza di legittimità (Cass. Pen. 11128/2008), per paesaggio si intende quella parte del territorio che, in virtù delle sue caratteristiche naturali e dell’interazione dell’uomo con l’ambiente, è ritenuta meritevole di una particolare tutela.

Ciò comporta secondo i Giudici che, anche le opere edilizie da realizzarsi in territori paesaggisticamente vincolati, in quanto idonee a trasformare in modo durevole l’area impegnata dai lavori stessi, devono rispettare la disciplina prevista in materia di tutela paesaggistica.

Tele principio trova riscontro non solo nella normativa di riferimento ma anche nella Giurisprudenza prevalente secondo la quale, non è sufficiente la denuncia di inizio attività se i lavori per l’edificazione di opere in tutto o in parte interrate, devono essere realizzati in aree qualificate quali beni paesaggistici ai sensi del D. Lgs 42/2004.

Per tali lavori è necessaria la preventiva autorizzazione dell’autorità preposta alla tutela del vincolo mediante il rilascio del permesso di costruire ai sensi dell’art. 10 D.P.R. 380/2001. Diversamente, si configura in capo al proprietario, il reato di cui all’art. 181 D. Lgs. 42/2004 atteso che tale norma vieta l’esecuzione di lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici e che anche per tali opere si realizza una modificazione, anche se non immediatamente visibile, dell’assetto del territorio. (Cass. 11128/2006; Cass. 9255/2010; Cass. 7292/2007).

Inoltre l’art. 167 del D. Lgs. 42/2004 prevede che l’autorità avente potestà in materia accerta la compatibilità paesaggistica nei casi di “lavori realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati”. Ciò significa che è precluso il rilascio di autorizzazioni in sanatoria quando siano stati realizzati volumi di qualsiasi natura, a nulla rilevando la visibilità o meno dell’opera che quindi costituisce un abuso valutabile non solo in termini di superficie ma anche di volume.