Reiterazione dei vincoli urbanistici scaduti

La reiterazione dei vincoli urbanistici scaduti deve essere preceduta da una specifica indagine finalizzata a considerare le differenti esigenze pubbliche e private

Nota a Consiglio di Stato, Sezione Quarta, 7 giugno 2012, n. 3365

La sentenza che si commenta si ascrive al filone, risalente nel tempo ma di continuo alimentato, delle pronunce amministrative in tema di reiterazione dei vincoli urbanistici a contenuto espropriativo, segnatamente quei vincoli preordinati all’esproprio.
L’atto impugnato è una concessione edilizia per la realizzazione di un edificio ad uso produttivo: il Comune dapprima rilasciava il titolo edilizio per poi procedere all’annullamento in seguito all’approvazione, con deliberazione consiliare, delle linee guida della variante generale al PRG con cui venivano reiterati i vincoli al PRG vigente.

I ricorrenti in primo grado lamentavano l’illegittimità della delibera che reiterava i vincoli, di conseguenza l’illegittimità del provvedimento di annullamento della concessione edilizia, in quanto oltre non essere adeguatamente motivata ed omettere la misura dell’indennizzo per il sacrificio imposto, prescindeva dalla revisione del PRG.

Il giudice di prime cure, respingendo il ricorso, stabiliva che non vi erano disposizioni normative tali da imporre all’Amministrazione di reiterare i vincoli contemporaneamente alla procedura di revisione dello strumento urbanistico e che la delibera risultava adeguatamente motivata giacché l’amministrazione riferiva che l’area su cui avrebbe dovuto sorgere l’edificio rientrava in una zona diretta alla realizzazione di opere di urbanizzazione secondaria, disponendo al contempo l’inapplicabilità dell’indennizzo sulla base della sentenza della Corte Costituzionale 179/1999 in quanto posteriore alla delibera.
In sede d’appello, i ricorrenti ribadiscono le stesse doglianze del primo grado.

Ciò premesso, il Consiglio di Stato ricorda che per lungo tempo la tradizionale opzione ermeneutica della giurisprudenza amministrativa ha stabilmente affermato che la motivazione sottesa alla reiterazione del vincolo potesse consistere anche in generiche considerazioni omnicomprensive dell’intero territorio comunale, soprattutto allorché, come nel caso deciso, venissero reiterati i vincoli afferenti l’intero territorio comunale.

Viceversa, nel caso in cui il procedimento reiterativo del vincolo abbia un oggetto circoscritto, l’amministrazione é tenuta a supportarlo con una specifica ed esauriente motivazione, in quanto, avendo essa omesso di attivare con tempestività il procedimento ablatorio, potrebbe aver ingenerato nel privato proprietario il convincimento che non sussista più un effettivo e concreto interesse pubblico da tutelare.

Più di recente, tuttavia, la giurisprudenza, tenendo conto della summenzionata Sentenza della Corte Costituzionale 179/1999, per cui la reiterazione dei vincoli ablativi scaduti deve contemplare la previsione di un indennizzo, si è orientata in senso opposto affermando che la reiterazione dei vincoli scaduti è legittima in presenza di due condizioni: la previsione dell’accantonamento delle somme necessarie per il pagamento dell’indennità di espropriazione e se tale previsione risulti rigorosamente motivata e giustificata dall’interesse pubblico.

Si è inoltre evidenziato che la reiterazione dei vincili urbanistici scaduti, attualmente disciplinati dall’art. 9 del D.P.R. n. 327 del 2001, non può prescindere da una specifica indagine sull’area interessata e da una valutazione dei differenti interessi pubblici e privati, gravando pertanto sull’amministrazione un obbligo di verifica dell’attuale interesse pubblico non altrimenti assolvibile con soluzioni alternative, da provarsi con l’indicazione delle iniziative assunte per soddisfarlo e la predisposizione dell’accantonamento delle somme per il pagamento dell’indennità di espropriazione.

Il Collegio, inoltre, ha condiviso la tesi dell’appellante secondo cui l’assenza di “procedimentalizzazione della verifica, caso per caso, della persistente attualità dell’interesse“ e la circostanza che essa non abbia seguito l’iter della variante urbanistica connotino l’impugnata delibera di illegittimità.

Nel caso in esame, l’Amministrazione si è limitata a reiterare i vincoli sulla base di una deliberazione programmatoria (linee guida per la stesura della variante generale al PRG) senza una verifica dell’assetto territoriale ed in assenza di una puntuale motivazione che comprovasse la necessità della reiterazione della compressione dello ius aedificandi privato.

Per tali ragioni il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso, giudicando illegittimo l’operato dell’Amministrazione.