TAR Milano sent. 12 aprile 2012 n. 1075 (DIA e SCIA)

DIA e SCIA: la sollecitazione del terzo all’Amministrazione, affinché quest’ultima eserciti i propri poteri di verifica, deve contenere una serie di minimi requisiti per così dire di “serietà”, che la rendano idonea a porre in capo alla P.A. l’obbligo di esercitare i propri poteri di verifica e correlativamente a configurare, in caso di inerzia della P.A. stessa, un silenzio inadempimento, giuridicamente rilevante, censurabile davanti al giudice amministrativo con l’azione di cui all’art. 31 del D.Lgs. 104/2010.

Tar Lombardia – Milano, 12 aprile 2012 n. 1075

Dalla sentenza in epigrafe possono trarsi importanti principi in materia di Dia e Scia, con particolare riferimento alla modalità di tutela del terzo di cui all’art. 19 comma 6 – ter l. n. 241/1990 che prevede, in caso di inerzia dell’Amministrazione previamente “sollecitata” ad espletare le verifiche ad essa spettanti, la proposizione dell’azione prevista dall’art. 31 del d.lgs. n. 104/2010 (recante “Codice del processo amministrativo”) ovverosia l’azione contro il silenzio della P.A.

Ci troviamo di fronte – precisa il giudice amministrativo – ad un’azione contro il silenzio della P.A. tutto sommato sui generis, visto che l’esperimento della stessa è consentito anche se la presentazione della DIA/SCIA non ha dato avvio ad alcun procedimento amministrativo. Per tale motivo, il D.lgs. n. 195/2011 intervenuto a modificare il D.lgs. n. 104/2010, ed in particolare l’art. 31, consente l’azione non soltanto dal momento della conclusione del procedimento ma anche “negli altri casi previsti dalla legge”, fra cui spicca senza dubbio quello dell’art. 19 comma 6 –ter succitato.

Il Tar milanese si è poi soffermato sulla “sollecitazione” del terzo all’amministrazione affinché quest’ultima eserciti i propri poteri di verifica e che, come innanzi detto, costituisce presupposto per esperire l’azione contro il silenzio dell’Amministrazione ai sensi dell’art. 31 del d.lgs. n. 104/2010. Essa, pur non dovendo contenere formule sacramentali, dovrebbe tuttavia possedere una serie di minimi requisiti per così dire di “serietà”, che la rendano idonea a porre in capo alla P.A. l’obbligo di esercitare i propri poteri di verifica e correlativamente a configurare, in caso di inerzia della P.A. stessa, un silenzio inadempimento, giuridicamente rilevante, censurabile davanti al giudice amministrativo con l’azione di cui all’art. 31 del D.Lgs. 104/2010.

Tra i requisiti suddetti si deve annoverare la forma scritta con l’indicazione – seppure di massima – della lamentata illegittimità dell’intervento edilizio e con la richiesta di esercizio del potere/dovere di verifica e di eventuale repressione.

In effetti, tale sollecitazione non può essere confusa con la generica denuncia di eventuali abusi edilizi la quale può essere effettuata da qualsivoglia cittadino anche in forma orale e che non appare idonea a fondare il silenzio dell’Amministrazione di cui al summenzionato art. 31 del Codice del processo amministrativo.

Il Tar, infine, richiama la possibilità, prevista dal comma 1 della summenzionata norma, di promuovere l’azione contro il silenzio della P.A. anche senza diffida all’Amministrazione, ciò al fine di nuovamente rilevare che tale scelta legislativa giustificata dal fatto che la scadenza infruttuosa del termine di conclusione del procedimento amministrativo (ex art. 2, comma 1°, della legge 241/1990), equivale comunque alla formazione del silenzio inadempimento della P.A., mentre nel caso di presentazione di DIA o di SCIA (…) non viene avviato alcun procedimento amministrativo, sicché soltanto attraverso l’idonea sollecitazione di cui all’art. 19 comma 6-ter citato è possibile la formazione del silenzio inadempimento dell’Amministrazione.

Alla luce di quanto sopra, con riferimento al caso di specie, il giudice amministrativo ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso proposto dal terzo per difetto dei presupposti ovverosia per violazione dell’art. 31 del d.lgs. n. 104/2010 e dell’ art. 19, comma 6 ter, della l. n. 241/1990.

Invero, il ricorrente si era limitato a “segnalare” l’inizio dei lavori (avviati da un privato a seguito della presentazione di Denuncia di inizio attività) all’amministratore dell’immobile confinante nel quale era stato avviato l’intervento edilizio, lamentando la presunta illegittimità dei medesimi, senza porre in essere, tuttavia, altra intimazione o sollecitazione, ritenendo sufficiente l’espletamento del sopralluogo effettuato dalla Polizia locale del Comune ed equipollente a tale sollecitazione la notificazione di un ricorso precedente peraltro mai depositato per espressa scelta del ricorrente medesimo.